Divieto prosecuzione esecuzioni individuali – Fallimento (sentenza n° 2219/2014, Tribunale di Genova)

IN FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato il 15 maggio 2013 il Fallimento I. S.r.l., dichiarato in data 9 novembre 2012, esponeva che la D. S.p.A. si era insinuata al passivo del Fallimento senza però segnalare che era in corso una procedura esecutiva contro la I. S.r.l. presso il Tribunale di Milano; questa esecuzione forzata il 4 febbraio 2013 si concludeva con la vendita alla stessa D. S.p.A per un prezzo di 500,00 Euro dei beni mobili pignorati comprendenti un apparato Cisco 1800 ed altri apparati completi di schede del valore superiore a 260.000,00 Euro.




Poiché tale vendita, essendo successiva alla dichiarazione di Fallimento, era inefficace ai sensi dell’art. 51 L.F., il Fallimento I. S.r.l. chiedeva la condanna della D. S.p.A. alla restituzione dei beni mobili aggiudicati o al pagamento dell’equivalente valore quantificato in un massimo di Euro 260.000,00.

La D. S.p.A., ritualmente costituitasi, esponeva che la vendita era andata deserta due volte e che nella vendita (la terza) in cui si era aggiudicata i beni partecipavano anche altri due offerenti; che la convenuta non era mai stata nel possesso dei beni in quanto erano rimasti nella disponibilità della Infracom e in ogni caso le schede non c’erano; che la D. S.p.A. non era legittimata a sollevare l’improcedibilità dell’esecuzione; che per contestare il verbale attestante l’assenza delle schede il Fallimento doveva proporre una querela di falso; che il complesso di beni acquistato dalla convenuta era fuori commercio e valeva al massimo 17.000,00 Euro;

infine la convenuta osservava che l’improcedibilità dell’esecuzione non travolgeva la vendita ma comportava solo che il Fallimento aveva diritto ad acquisirne il ricavato di tale vendita.




Fallito un tentativo di conciliazione le parti precisavano le loro conclusioni all’udienza dell’11 marzo 2014 e la causa era decisa trascorsi i termini concessi per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica.

Il Fallimento I. S.r.l. venne dichiarato in data 9 novembre 2012.
La D. S.p.A. nella sua istanza di insinuazione al passivo del fallimenti depositata in data 29 gennaio 2013 si limitò a dire di avere ottenuto un decreto ingiuntivo e di avere notificato un precetto alla I. S.r.l., ma omise completamente di segnalare che aveva iniziato un’esecuzione immobiliare e che questa era ancora in corso o si era conclusa a fallimento ancora aperto.

Infatti con verbale in data 7 gennaio 2013 depositato in data 8 febbraio 2013 la D. S.p.A. si vedeva aggiudicare dalla SIVAG tutti i beni pignorati al prezzo di Euro 500,00

(rispetto ad un valore dei beni pignorati fatto in sede di pignoramento di Euro 27.000,00) .
Ai sensi dell’art. 51 Legge Fallimentare “dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.

In base all’art. 107 della Legge fallimentare “Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51.”.




Nel presente caso la dichiarazione di improcedibilità non è stata possibile a seguito della condotta coscientemente omissiva della D. Italia S.p.A. che nell’istanza di ammissione al passivo del Fallimento ha omesso ogni cenno all’esecuzione in corso.

La conseguenza di ciò è la nullità della vendita fatta in violazione dell’art. 51 L.F. (cfr Cass. Sez. II 21 luglio 1994 n. 6809) o comunque la sua inopponibilità al Fallimento (cfr. Cass. Sez. I 3 dicembre 2002 n. 17109).

La sentenza citata da parte convenuta a sostegno della propria tesi (Cass. 29 maggio 1997 n. 4743), la cui massima è “La disposizione di cui all’art. 107 l. fall. prevede che, se prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata, da un creditore, l’espropriazione di uno o più immobili del fallito, il curatore si sostituisce, nella procedura, al creditore istante, nell’ambito di un’ipotesi di successione processuale che si rende del tutto peculiare, per il fatto di avere luogo a favore di un soggetto investito di funzioni pubbliche e di trovare la sua ragion d’essere nel divieto di azioni esecutive individuali, di cui all’art. 51 l. fall. La previsione di una siffatta sostituzione la quale risponde alla incontestabile opportunità di mettere a profitto le attività processuali complesse e dispendiose già poste in essere per l’instaurazione della procedura esecutiva individuale, e di risparmiare tempo, non esclude – tuttavia – la discrezionalità dell’ufficio fallimentare in ordine alla convenienza di continuare l’esecuzione davanti agli organi fallimentari, ovvero di non darvi più seguito, quando il fallimento possa chiudersi altrimenti, come per pagamento integrale al di fuori della liquidazione dell’attivo, o per concordato; ed è solo in una tale ultima evenienza che l’azione esecutiva immobiliare pendente all’atto della dichiarazione di fallimento diviene improcedibile e che gli atti del relativo processo

giuridici non degli effetti non solo non stabilisce quanto sostenuto dalla convenuta ma è relativa a fattispecie totalmente diversa come dimostra lo svolgimento del processo di detta sentenza che qui si riporta:” G. C., con ricorso depositato in data 6 aprile 1989, propose opposizione di terzo avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato del fallimento della C. s.r.l. aveva disposto la vendita di un “box” sito in Genova, facente parte del compendio fallimentare.

Il ricorrente dedusse che l’immobile era di sua proprietà per averlo acquistato dalla società S. con scrittura privata in data 18 marzo 1981, le cui sottoscrizioni erano state verificate con sentenza rimangono privi di effetti producendosi la sostanziali del conservazione pignoramento“, opponibile al fallimento in quanto la domanda giudiziale era stata trascritta in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento.



Sostenne, altresì, il C. che il pignoramento già trascritto al momento della trascrizione della citazione, ed ancora pendente alla data del fallimento, era del tutto privo di effetti dato che il curatore aveva avocato la vendita alla procedura fallimentare, e da ciò era derivata l’estinzione, per rinuncia, del procedimento esecutivo, sicché il detto organo non poteva avvalersi, a beneficio della massa, degli effetti conservativi del pignoramento medesimo.

Il Tribunale di Genova respinse l’opposizione e la decisione è stata confermata dalla corte di appello territoriale la quale, premesso che il curatore non aveva rinunciato agli atti del procedimento esecutivo, ma, con istanza diretta al giudice dell’esecuzione, e sulla base di autorizzazione del giudice delegato, limitato a chiedere l’archiviazione procedura, stante la sua determinazione di avocare al fallimento la vendita del cespite, ha rilevato che per ciò stesso la procedura di esecuzione singolare era confluita in quella concorsuale nella apposita si era della quale si dispiegavano tutti gli effetti favorevoli per i creditori, fra i quali in particolare, quello dell’inefficacia degli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato (non ancora fallito) dopo il pignoramento.

Ricorre per cassazione G. C. che propone un unico mezzo di annullamento. Resiste con controricorso il curatore del fallimento della C. s.r.l. Entrambe le parti hanno depositato memorie.” Qualunque delle due soluzioni si adotti ne segue che deve essere accolta la domanda di consegna dei beni pignorati e venduti formulata dalla procedura fallimentare.




Il fatto che i beni aggiudicati momentaneamente non siano stati ancora consegnati alla D. S.p.A. è irrilevante non influendo sull’obbligo giuridico della convenuta di doversi attivare per procurare i beni al Fallimento.

Circa i beni che debbono essere riconsegnati, questi non possono essere che i beni elencati nel processo verbale d’incanto di beni immobili perché solo questi risultano essere stati aggiudicati alla convenuta con vendita inopponibile al fallimento.

Quanto ai beni della società fallita che siano presenti ma non aggiudicati, la procedura fallimentare potrà direttamente apprenderli.
Le spese legali del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro X per spese Euro X per onorari oltre spese generali, cpa ed I.V.A.

Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria o diversa istanza
Accoglie la domanda attrice e per l’effetto ordina alla D. S.p.A. di consegnare al Fallimento Itelsì S.r.l. tutti i beni oggetto del processo verbale d’incanto di beni mobili in data 8 febbraio 2013 ad opera della Sivag.

Condanna la D.. a rifondere al Fallimento I. S.r.l. le spese legali del giudizio liquidate in Euro X per spese Euro X per onorari oltre spese generali, cpa ed I.V.A..

Genova lì  4 giugno 2014
Il Giudice istruttore in
funzione di giudice unico

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