Assegno mantenimento ex coniuge autosufficiente: il tenore di vita avuto durante il matrimonio non è più il parametro per stabilire l’assegno di divorzio
Con la sentenza n° 11504 del 10 maggio 2017 (che puoi trovare qui) la Suprema Corte ha di fatto riassunto il cambiamento che si è formato nel diritto di famiglia, indicando “l’indipendenza o l’autosufficienza economica” come parametro per stabilire l’assegno di mantenimento, ritenendo il “tenore di vita” durante il matrimonio non più attuale (a distanza di quasi ventisette anni dalle sentenze delle Sezioni Unite nn. 11490 e 11492 del 29 novembre 1990) per molteplici ragioni.
Con il divorzio si estingue ogni rapporto tra i coniugi
Il divorzio pone fine anche ai rapporti economico-patrimoniali
Sul punto la sentenza 11504/17 è chiara: “con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale – a differenza di quanto accade con la separazione personale, che lascia in vigore, seppure in forma attenuata, gli obblighi coniugali di cui all’art. 143 cod. civ. -, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo -sia pure limitatamente alla dimensione economica del “tenore di vita matrimoniale” ivi condotto – in una indebita prospettiva, per così dire, di “ultrattività” del vincolo matrimoniale”.
Motivazione storico-sociale
La Suprema Corte spiega chiaramente anche il perchè di tale scelta da un punto di vista storico-sociale: “le menzionate sentenze delle Sezioni Unite del 1990 si fecero carico della necessità di contemperamento dell’esigenza di superare la concezione patrimonialistica del matrimonio «inteso come “sistemazione definitiva”, perché il divorzio è stato assorbito dal costume sociale» (così la sentenza n. 11490 del 1990) con l’esigenza di non turbare un costume sociale ancora caratterizzato dalla «attuale esistenza di modelli di matrimonio più tradizionali, anche perché sorti in epoca molto anteriore alla riforma», con ciò spiegando la preferenza accordata ad un indirizzo interpretativo che «meno traumaticamente rompe[sse] con la passata tradizione» (così ancora la sentenza n. 11490 del 1990). Questa esigenza, tuttavia, si è molto attenuata nel corso degli anni, essendo ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile (matrimonio che – oggi – è possibile “sciogliere”, previo accordo, con una semplice dichiarazione delle parti all’ufficiale dello stato civile…)”.
L’assegno divorzile ha funzione “assistenziale” e non di riequilibrio delle condizioni economiche
Diritto fondamentale alla possibilità di costituire una nuova famiglia dopo il divorzio
Anche qui la sentenza è chiara e diretta: “in proposito, un’interpretazione delle norme sull’assegno divorzile che producano l’effetto di procrastinare a tempo indeterminato il momento della recisione degli effetti economico-patrimoniali del vincolo coniugale, può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia successivamente alla disgregazione del primo gruppo familiare, in violazione di un diritto fondamentale dell’individuo (cfr. Cass. n. 6289/2014) che è ricompreso tra quelli riconosciuti dalla Cedu (art. 12) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 9).
Si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale.
L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile -come detto – non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento della indipendenza economica, in tal senso dovendo intendersi la funzione – esclusivamente – assistenziale dell’assegno divorzile”.
Il nuovo parametro di riferimento: l’indipendenza economica o la possibilità di essere economicamente indipendente
Le considerazioni critiche sul tenore di vita hanno portato la Suprema Corte alla necessità di individuare un altro parametro, individuandolo nell’indipendenza economica dell’ex coniuge richiedente l’assegno divorzile:
“Il Collegio ritiene che un parametro di riferimento siffatto – cui rapportare il giudizio sull’adeguatezza-inadeguatezza” dei «mezzi» dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità «per ragioni oggettive»” dello stesso di procurarseli – vada individuato nel raggiungimento dell'” indipendenza economica” del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto”.
In buona sostanza, se la condizione dell’ex coniuge è tale da consentirne la possibilità di essere economicamente autosufficiente, non ha diritto all’assegno divorzile.
Comparazione tra il diritto del figlio maggiorenne all’assegno periodico e la posizione di ex-coniuge
Tra le argomentazioni della Corte di Cassazione in favore del parametro dell’indipendenza economica, anche il fatto che tale parametro condiziona negativamente il diritto del figlio maggiorenne all’assegno periodico dovuto dai genitori, nonostante le garanzie dello status di figlio, a maggior ragione può incidere negativamente sul diritto all’assegno di divorzio, posto che con il divorzio appunto si perde lo status di coniuge.
Il principio dell’autoresponsabilità
La sentenza della Suprema Corte ribadisce in più punti il principio dell’autoresponsabilità, da tempo radicato in molti paesi dell’Unione Europea:
“Tale principio di “autoresponsabilità” vale certamente anche per l’istituto del divorzio, in quanto il divorzio segue normalmente la separazione personale ed è frutto di scelte definitive che ineriscono alla dimensione della libertà della persona ed implicano per ciò stesso l’accettazione da parte di ciascuno degli ex coniugi – irrilevante, sul piano giuridico, se consapevole o no – delle relative conseguenze anche economiche”.
Gli indici dell’indipendenza economica
Non sfuggendo alla Corte la portata pratica della sentenza (facendo comunque presente che andranno valutati gli elementi eventualmenti rilevanti caso per caso) fa anche un elenco di quelli che sono da considerarsi gli indici per accertare la sussistenza dell’indipendenza economica, o l’adeguatezza dei mezzi, o la possibilità di procurarseli.
Gli indici per accertare l’indipendenza economica sono:
1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;
2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno;
3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;
4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione.
Il regime della prova
Spetta al coniuge che chiede l’assegno di divorzio provare di “non avere mezzi adeguati” e di “non poterseli procurare per ragioni oggettive”
Naturalmente la sentenza si occupa anche dei risvolti legati alla procedura, specificando che spetta all’ex coniuge che chiede l’assegno di divorzio l’onere probatorio, dovendo “allegare, dedurre e dimostrare di “non avere mezzi adeguati” e di “non poterseli procurare per ragioni oggettive”.
L’oggetto della prova
La Suprema Corte ha pure specificato qual è l’oggetto dell’onere probatorio che grava sull’ex coniuge che fa valere il diritto all’assegno divorzile.
“Tale onere probatorio ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell'”indipendenza economica”, e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo coniuge, restando fermo, ovviamente, il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’altro”.
il possesso di redditi e di cespiti patrimoniali sarà, ovviamente, oggetto di prova documentale, mentre “le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale” potranno essere provate con ogni mezzo idoneo
An debeatur e quantum debeatur. Le due fasi.
La sentenza in oggetto quindi, rileva ai fini della prima fase, quella volta a accertare se all’ex coniuge sia dovuto l’assegno divorzile (an debeatur) e in questa fase rilevano appunto gli indici elencati sopra in esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica.
La fase della quantificazione dell’assegno (quantum debeatur) è eventuale e si attua solo in caso di esito positivo della prima fase (e quindi con il riconoscimento della mancanza di autosufficienza economica o di impossibilità oggettiva a raggiungere i mezzi adeguati).
In tale eventuale fase di determinazione dell’assegno il Giudice dovrà tenere conto delle “[….] condizioni dei coniugi, [….] ragioni della decisione, [….] contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, [….] reddito di entrambi [….]»), e “valutare” «tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio”.
Insomma, volge al termine il matrimonio inteso come “sistemazione definitiva”, indicato dalla Corte di Cassazione invece come atto di libertà e autoresponsabilità.